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Visualizzazione dei post da aprile, 2015

Ventidue ore

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Ce l'ho ancora nel portafoglio, la foto. Sono passati ventisei anni e le macerie ci sono ancora. Non nelle strade, a quelle hanno pensato. Le macerie sono dentro le persone. Appena ho potuto sono andato via, in Europa. La speranza per me ha la forma delle mani. Qualcosa che ti prende e dal basso ti porta in alto, dal buio alla luce. E c'è la fede. L'ho cercata da sempre, da bambino, poi da adolescente. L'ho cercata nei testi sacri, nei Veda, nel Buddha, nel Corano. Poi ho capito che in realtà è tutto in questa foto, che lascerò ai miei figli, e chiederò loro di lasciarla ai propri. In questa foto c'è il mistero della mia vita. Il miracolo assurdo della mia sopravvivenza. E c'è anche la fede. Perché io l'ho trovata lì, in quelle mani a coppa, in quelle persone. E allora è una religione senza libri la mia. Perché credo nelle persone. Mi chiamo Āśā, che in Hindi significa Speranza. E sono io quel bambino salvato dal terremoto.

DILE(I)MMA

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Non ti vorrei 
povera di noi/ benché, 
dipinto d’arte/  
del tuo femminile/ affrescherei la volta al cielo./ Che presunzione 
vesto/ se mille triclini merlettati  
ti avrebbero 
semisdraiata sui loro cuscini/ Come me stesso adoro 
chi non priverei degli occhi che mi guardano allo specchio/ La mia assenza di broccato rosso 
contro il mondo/  
a te la scelta.. 


Il Bar pittore

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“ Quel bar chiude presto la sera, ti dico; ci passo ma non riesco mai a trovarlo aperto. Non che  ci prenderei un caffè,  però… “Però cosa?  mi dici, ed è un anno  che non ci vediamo. ” Però, ”  dico,  “ magari se lo vedessi aperto mi fermerei; così,  giusto per dare un ’ occhiata. ”     Sorridi. Ci sediamo. Questa città ci ha fatto un brutto scherzo , penso mentre ti osservo accendere una sigaretta leggera. Fumi spedita adesso eh?  m i viene voglia  di   dire. Sorridi ancora ed è come le altre volte. “Non sei cambiato , ”  m i  dici  e mi tocchi la barba per scherzare. “ Pensavo, ”  ti dico,  “ a quanto poteva piovere quel giorno. ” “Quale giorno?”, mi dici  mente sistemi una ciocca di capelli dietro l ’ orecchio, un gesto che ti ho visto fare almeno mille volte.  Mi giro a guardare la gente che scende le scale. Mi prendi le mani: “Dai, quale giorno?” Sei vestita elegante ,   n on  troppo ma abbastanza per farmi riconsiderare lo strappo sui miei jeans. Ti si vede il reggiseno tra i bo

Lenzuola

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Fruscii, che sono come le carezze. Gocce di lingua, sanno di sale e piogge. Ti sarei lenzuola, e seta e vento leggero tra le insenature. Ti sarei mani che scostano capelli, e indici che seguono percorsi di te. Geografie di corpi. Perché di notte i corpi sono come sogni, perdono consistenza. E allora sarà sognare, e poi svegliarsi. E albe, e voglie sfatte come le lenzuola. E bianche. E fumo in rivoli. E acqua in rivoli, sulla tua schiena. E me.  A bere, quel sale che è della tua terra. E tu, che intrecci le caviglie. Certi sospiri sono come gli angeli. E cotone aggrovigliato, e cose bagnate, e cose che sorridono, e bocche che gemono. Poi il sole. Coi raggi che scrutano. Allora ti nasconderei, addome sulla schiena  Per rubarti alla luce.

Intimità

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Credo che l'intimità abbia a che fare in qualche modo con la condivisione. E' un modo di toccarsi. E ci si più toccare a diversi livelli. Essere intimi nel corpo è rompere degli argini. Lasciare che la percezione sensoriale prevalga su ogni altra cosa, su tutte le forme di paura. Si torna indietro alle pulsioni primordiali e il resto scompare. Essere intimi mentalmente è una trappola. La mente imita i sensi ma in maniera distorta. Come un caffè senza zucchero. La mente simula l'intimità. La copia, ne fa una caricatura. Il corpo si illude e prova pulsioni. Ma la mente resta distaccata. E' un satellite che orbita attorno al corpo. L'intimità per come la intendo io è dell'anima. Chiamo Anima la percezione sensoriale che pervade corpo e mente. Un fiume che inonda. E' persino possibile diventare una cosa sola. Lasciando che questo fiume scorra. Senza scappare. Senza elevarsi nella mante. Bisogna bagnarsi. Ecco, l'intimità ha anche a e fare con l'acqua. Se

Africa

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Col cibo li aiutiamo a sopravvivere. Medicine per guarirli, vestiti, scarpe. Ma è con le scuole, coi libri, che li aiuteremo a liberarsi dalla tortura di dover sempre chiedere la pietà dell'Occidente. Perché è quella la vera schiavitù. E non è mai finita. È la mente che spezza le catene. La loro mente, le loro catene, la loro terra. (Foto huffingtonpost.com)