Diario del seduttore (Kierkegaard)



“La seduzione di Zerlina è un tranquillo sposalizio che si svolge senza complicazioni. La cosa va essenzialmente così: lei non sa come sia accaduto, ma è accaduto e così è stata sedotta”. (Cfr.  Commento al don Giovanni Mozartiano).

Sicuramente tra i più suggestivi dell’intero Commento al Don Giovanni Mozartiano, questo inciso chiarifica completamente il nesso profondo tra la celebre Opera teatrale e il “Diario del seduttore”, che diventa quindi l’inevitabile conseguenza della fascinazione che il capolavoro ebbe sull’uomo Kierkegaard, prima che sul filosofo. Questa distinzione si renderà quanto mai necessaria per svelare il segreto nascosto dietro il seduttore Giovanni, cui il filosofo di Copenaghen affida il proscenio del suo scritto.

“Al di là del mondo nel quale viviamo, in uno sfondo remoto, esiste ancora un altro mondo, che rispetto al primo sta nell’identico rapporto in cui la scena che talvolta vediamo a teatro si trova rispetto alla scena reale”. (Cfr. Diario)

Narrato in forma epistolare, il Diario assume forse tanti significati, per quanti ne siano i lettori.
Anche il titolo può essere mutevole: Manuale del seduttore o Teorema sulla seduzione intellettuale, ad esempio, sarebbero identicamente appropriati.
Giovanni è un cacciatore. E le sue prede non sono le donne, come facilmente si sarebbe portati a credere, assolutamente no. Egli brama tesori più preziosi, dei quali il sesso femminile si trova per lo più “casualmente o inconsciamente” ad essere depositario; i gioielli che cerca sono celati nei gesti, negli sguardi; e sono “al femminile” nel senso più alto e spirituale del termine.
Giovanni si imbatte in Cordelia, ed intravede in lei, nel suo discendere dalla carrozza, il riflesso cangiante che è solo delle pietre più rare.
Lasciate che quel piedino si avventuri nel mondo……Allora spingete subito innanzi l’altro piede: chi vorrebbe essere così crudele da lasciarvi penzolare in questa posizione? Così ingrato, così maldestro da non seguire questa rivelazione del Bello?” (Cfr. Diario)

Se fossero pietre sarebbero lapislazzuli, azzurri di colore.
Tanto basta al seduttore per innescare la sua macchina bio-meccanica e perseguire un obiettivo il cui conseguimento sta
Nell’avvicinarvisi sempre di più, e raccogliere durante il percorso il rossore delle guance, o il corruccio di uno sguardo o una lacrima…“…Tutte egualmente belle e di cui mi impadronisco perché possono essere a me dirette…”.

La cronologia (appena accennata) degli eventi, che avvicineranno Giovanni a Cordelia, produrrà il graduale disfacimento dell’integrità della giovane che finirà per aggiogarsi completamente a lui.
Il seduttore troncherà presto la relazione, non per atto del Maligno né tantomeno per disprezzo del prossimo.
Giovanni non sa che farsene di Cordelia nella sua interezza poiché l’ha già posseduta mille volte, ed in maniere ben più sublimi di quella nella quale ella si offrirà.
Questo il “capo di imputazione” che rende Giovanni colpevole agli occhi e alle penne dei critici, che lo riterranno personaggio troppo abietto per rappresentare l’autore. Kierkegaard viene quindi assolto per una sorta di incapacità di intendere e volere che risulta, tuttavia, una deduzione troppo comoda, che non spiega affatto la complessità del rapporto che lo lega a Giovanni e agli altri “scritti estetici”. Nella prefazione al “Diario”, riferendosi proprio al seduttore, Kierkegaard dice: “Non appena la realtà aveva perduta ogni forma di incitamento, egli si trovava disarmato. Donde il suo male”.
Questa è  la colpa che non gli perdona; non la dissolutezza (apparente), né la sottile perversione, bensì la vitale dipendenza dallo stimolo.
Forse perché soffrì della stessa malattia e il perdono, che nega a Giovanni come negò a se stesso, è il mastice che li unisce indissolubilmente. Lo spiritualismo religioso, che Kierkegaard esaltò sempre come unico stadio di validità assoluta, si cela (neanche troppo velatamente) proprio nei suoi scritti estetici, nei quali si compie una vertiginosa scalata alle più alte vette dello spirito umano, con la speranza che siano tanto alte da sfiorare la Fede.
La stesso percorso che, probabilmente, fece Agostino e lo portò a diventare uno dei Padri della Chiesa.


Allorchè una fanciulla ha tutto donato, è franta, tutto ha perduto; perché se nell’uomo l’innocenza è un momento negativo, nella donna è l’essenza della vita”. (Cfr. Aut-Aut)

Commenti

Unknown ha detto…
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