Un'altra estate

L'esercizio sfiancante del ripensare alle cose.
Così torno a quell'estate. Cerco di convincere le braccia a sentire lo stesso sole di allora.
Poi il treno perso e la notte alla stazione.
Durante il viaggio in corriera mi ero addormentato. Mi hai svegliato tu.
È un macchinario strano, il cervello.
Quel giorno scattò una specie di fotografia. Di quelle seppia, dai contorni leggermente sfumati.
Poi ti ho incontrata in paese. Monticello era un gruppo di case e persone e aria fresca.
Il resto dello spazio lo riempivi tu. 
Mi viene da sorridere perché oggi so che si può volere una persona al punto tale che il mondo diventa una cornice. Allora non lo capivo e mi disorientava.
Poi i baci. 
E li contavo per paura di dimenticarli: uno, due, tre. 
Non so di preciso a quanti arrivammo, poi partii.
Ancora un'estate. E qualche piccolo progetto. Piccolo come eravamo noi.
Poi arriva la vita a sparecchiare, con le mani forti come quelle di mia madre.
Tu sposi un altro. 
Come succede spesso però, quando si sparecchia la tavola, resta qualche briciola sul legno. Talvolta anche mezzo bicchiere di vino.
Mi hai cercato. L'errore più grande della tua vita, hai detto.
Incontri furtivi. 
Amori che richiedono una forza che allora non avevo. E neanche tu.
Poi è come se riprendessi la corriera per tornare indietro. Non dal paese, indietro da te.
Ora il tempo ha rifinito i dettagli.
Oltre la tovaglia ha tolto anche la tavola e la casa che conteneva la tavola e l'edificio che conteneva la casa. Tutto.
E mi accendo una sigaretta e mi viene un po' da ridere e un po' da piangere.
Perché vorrei fare il biglietto di nuovo.
Un'altra estate.


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